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San Pietro: Attività

Attività.    



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MERCATINO DI SAN PIETRO


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IN ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO


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QUELLA VOLTA CHE DANTE VENNE A CESENA E SI FERMÃ’ A SAN PIETRO


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Prospetto della chiesa del Priorato di San Pietro di Cesena, antico monastero dei Vincaretani passato in seguito ai Camaldolesi



WALTER AMADUCCI

QUELLA VOLTA CHE DANTE VENNE A CESENA E SI FERMÃ’ A SAN PIETRO


Sintesi della comunicazione Dante fra Polentani e Vincaretani
tenuta al Convegno di studio "Dante e le signorie di Romagna"

Cesena, sabato 9 ottobre 2021



1. DANTE A SAN PIETRO

Non c'è spazio per un vasto uditorio nella mia cantina, tra le sue pareti medievali, sotto la volta settecentesca e il suo pavimento di cotto coevo. Ma quella visita guidata a piccoli gruppi programmata per i primi di marzo del 2019, e bruscamente bloccata dalla prima misura di confinamento causata dalla pandemia, prima o poi dovrà pure tornare in agenda! E così continuo a cosiderare solo rimandata la ricostruzione scenica di un incontro con Dante all'interno di quell'ambiente così suggestivo e carico di memorie, soprattutto a quelle legate ai monaci Vincaretani presenti a San Pietro già dalla fine del XII secolo.
Il contatto tra Dante e i Vincaretani è stato da me apertamente ipotizzato nel contesto di uno studio sul Priorato di San Pietro a Cesena. Il volume doveva essere presentato nel teatro della mia parrocchia sabato 7 marzo 2020, ma l'appuntamento fu annullato all'ultimo momento perché proprio quel weekend iniziavano le restrizioni sopra ricordate.
Dante Alighieri venne a San Pietro! «Mettendo le mani avanti, cerco di proteggermi dalla inevitabile ironia che io per primo sento già affiorare» scrivevo allora e ribadisco oggi, ma sentendomi in buona compagnia, se tale può definirsi quella di un Giosuè Carducci o di un Aurelio Saffi, a loro volta rilanciati da un dantista al quale sono molto legato, il prof. Paolo Amaducci di Bertinoro che nel 1919 inaugurava a Polenta i raduni carducciani, con la rituale declamazione dell'ode "La chiesa di Polenta" della quale cito immediatamente due celebri interrogativi:

Agile e solo vien di colle in colle / quasi accennando l'ardüo cipresso.
Forse Francesca temprò qui li ardenti / occhi al sorriso? (...)

Ecco la chiesa. E surse ella che ignoti / servi morian tra la romana plebe
quei che fûr poscia i Polentani e Dante / fecegli eterni.
Forse qui Dante inginocchiossi?


Sappiamo tutti come quegli interrogativi si siano presto trasformati in esclamativi apodittici, fino alla denominazione di "Polenta di Dante (dal 1° luglio 2021) e all'iconico culto del cipresso di Francesca sul vetta del colle di Conzano.
Ma c'era stata una precedente celebre domanda, squisitamente retorica, quella che Aurelio Saffi aveva lanciato con tono di sfida nella seduta del 20 dicembre 1889 al Consiglio provinciale di Forlì:

«Quale italiano non vorrà conservata e onorata una chiesa dove Dante pregò?»

(alla faccia dei consiglieri, in particolare repubblicani, che si opponevano perché non si doveva gittare denaro del pubblico per conservare chiese, anzi era meglio buttar giù anche quelle in piedi).

2. I VINCARETANI

C'è un legame di antica data tra la famiglia dei Da Polenta e una comunità religiosa sorta a pochi passi dal cipresso di Francesca, chiamata il "Vincareto" (zona di vimini: i "vinci"). Questa località, attraversata dalla stradina omonima, era stata la culla di una comunità monastica molto antica e la sede di un monastero di cui sono rimaste solo alcune tracce, a cominciare dalle pietre che furono utilizzate per la ristrutturazione della vicina villa Rusconi.
Stiamo celebrando il 700° della morte di Dante Alighieri; due anni fa ho potuto anch'io organizzare e celebrare un 700°: quello della parrocchia di San Pietro Apostolo in Cesena che, come attesta don Luigi Righi (1906) «Fu eretta in parrocchia nel 1319 e fu il 1° parroco Padre Lucio Tiberti, nobile cesenate Priore Camaldolese». Ma scorrendo attentamente gli Annales Camaldulenses ho dovuto prendere atto che nel 1319 i Camaldolesi non avevano ancora niente a che fare con il priorato di San Pietro a Cesena. Solo dalla fine del secolo XIV o addirittura dall'inizio del secolo seguente quel priorato cominciò a fare riferimento a Camaldoli. Chi reggeva allora il Priorato di San Pietro nel 1319?
Due eventi risalenti agli anni 1225 e 1315 hanno attirato la mia attenzione. I novant'anni che separano le due date registrano subito una continuità riguardante il soggetto ecclesiastico protagonista di tutta la storia della chiesa di San Pietro in Strada, della diocesi di Cesena: si tratta del Priorato di S. Maria di Vincareto, dell'ordine di S. Marco di Mantova, della diocesi di Forlimpopoli. La dipendenza della chiesa di San Pietro in Strada o nei Sobborghi di Cesena dal monastero di S. Maria di Vincareto è attestata fin dal 1225. Scrive lo storico Maccarrone: «La Congregazione di Vincareto (...) rientra in quella fioritura di istituzioni locali, in particolare di eremitaggi, che erano vere comunità religiose e che si distinguevano per una vita più austera oppure si dedicavano all'assistenza dei malati e dei pellegrini. Essa era "sorta alla fine del XII secolo sotto la protezione dei vicini conti di Polenta e favorita anche da Innocenzo III. Si chiamava eremo e seguiva il modello di Camaldoli, ma non aveva preso la Regola dei camaldolesi». La protezione dei vicini conti di Polenta è la chiave di volta per comprendere come mai l'esperienza monastica di Vincareto sia stata per lungo tempo nettamente distinta da quella di Bertinoro, cioè della comunità di S. Maria d'Urano, a sua volta sostenuta dai Conti di Bertinoro.
L'ospizio, che aveva una comunità religiosa (fratres) approvata dal vescovo di Forlimpopoli, non ebbe una propria Regola fino al 1225, ma in quell'anno, dovendo adottare una Regola approvata dalla Santa Sede, chiese al papa Onorio III, con l'appoggio del vescovo locale, di aggregarsi ai Canonici regolari di San Marco di Mantova, che a loro volta avevano scelto come base la Regola ravennate dei Canonici di Porto. Vincareto però volle mantenere una propria autonomia, ottenendo dalla Santa Sede che la congregazione mantovana non avesse giurisdizione su Vincareto. L'associazione a S. Marco di Mantova permise alla comunità di Vincareto, sino allora locale e dipendente dal vescovo diocesano, di espandersi nella regione romagnola più vicina e di costituirsi a sua volta in congregazione, retta dal priore generale di Vincareto e costituita da membri che insieme a lui compivano gli atti più importanti nel governo della congregazione.
Nel giro di un secolo tale espansione aveva raggiunto livelli notevoli, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche sul piano del prestigio e dell'autorevolezza, come dimostra senza ombra di dubbio un privilegium del 1315 riguardante il priorato cesenate di San Pietro.

3. IL PRIVILEGIUM DEL 1315

Il privilegium è documentato da un atto notarile dell'8 aprile 1315, pubblico istrumento con cui il vescovo di Cesena, Giovanni delle Caminate, intendeva risolvere una vertenza con Donato priore di Vincareto. Il Vescovo Giovanni rinunciava ad ogni suo diritto, riconoscendo piena esenzione dalla giurisdizione diocesana alla chiesa di San Pietro in Strada e ai suoi priori per il presente e per il futuro a favore del monastero di S. Maria di Vincareto e del suo priore fratel Donato e dei suoi successori. Si trattò di un evento di grande portata: l'esenzione dalla giurisdizione diocesana dovette essere motivata da un riconoscimento dell'opera di questi monaci ricollegabile in qualche modo ad un prezioso servizio di carattere pastorale.
Ma perché ad un priore "camaldolese" (in realtà "vincaretano") proprio nel 1319 veniva conferito il titolo di parroco? Sappiamo che il primo insediamento di un luogo di culto su questo ultimo promontorio del colle Spaziano affacciato sulla pianura, sul lato nord della via Emilia, risaliva probabilmente a seicento anni prima e che San Pietro nei Sobborghi era un riferimento importante per la vita dei cristiani di Cesena già intorno all'anno Mille. Il Privilegium dell'8 aprile 1315 suggerisce al tempo stesso una presa d'atto e una conferma dell'azione apostolica dei monaci di Vincareto, ma soprattutto rivela il prestigio che tale congregazione aveva acquisito nel corso dei decenni precedenti.
Sono tre le presenze monastiche che, sul finire del XII secolo, troviamo lungo la via Emilia o nei suoi paraggi, a levante della città di Cesena, distanti circa un chilometro ognuna dalle altre La più antica e solida esperienza era quella di Santa Maria del Monte, sul monte Spaziano, dove da più di un secolo era sorta una comunità monastica benedettina. La fondazione del monastero va collocata tra il 1001 e il 1016.
La seconda è quella di San Marco, fondata dai Crociferi di Bologna e ricordata per la prima volta in un documento del 13 marzo 1186. Si tratta di un monastero sine cura, di indirizzo prettamente caritativo oltre che contemplativo. I Crociferi conducevano una "vita claustrale e ritirata, come frati contemplativi", come afferma il vescovo Benedetto Leoni scrivendo la loro storia. La dimensione contemplativa della vita dei Crociferi, quale contesto e sostegno alla loro presenza caritativa, suggerisce che all'evangelizzazione e alla cura pastorale stessero provvedendo altri espressamente dediti a tale missione.
Si trattava precisamente dei religiosi del Priorato di San Pietro in Strada che, documentato fin dal 1197, dipendeva da Santa Maria di Vincareto dal 1225 ed era legato ai canonici regolari di S. Marco di Mantova. Quello di Mantova era un canonicato regolare. «Rispetto al monachesimo e in sintonia con i mutamenti sociali, il canonicato restituiva valore alla vita attiva, legando la vocazione sacerdotale non più alla sola contemplazione o al ritiro dal mondo, ma piuttosto alla predicazione, all'attività caritativa, al servizio pastorale ed educativo».

4. DANTE TRA POLENTANI E VINCARETANI

Ma torniamo alla riflessione che riguarda la presenza a Ravenna di Dante Alighieri. Ricordando gli stretti rapporti della comunità di Vincareto con i Da Polenta, è ragionevole pensare che eventuali passaggi o visite a Cesena dei Signori di Ravenna avessero nel Priorato di San Pietro un riferimento noto o addirittura familiare.
I monaci vincaretani reggevano il priorato cesenate da quasi un secolo e quello che ho chiamato il loro prestigio, culminato col Privilegium del 1315, sarebbe durato ancora almeno fino alla metà del secolo XIV. Voglio citare a tale proposito due riscontri che confermano la loro "epoca d'oro".
Il primo riscontro, di carattere documentario, ci è fornito dagli Annales Camaldulenses che, ricordando l'epoca che precedette l'annessione di Vincareto a Camaldoli, si soffermano sull'espansione vincaretana, segno di vitalità e fonte di autorevolezza. «Da qui deriva il fatto che il priore di Vincareto era chiamato priore generale e il motivo per cui, nei capitoli di Camaldoli, pretendeva un posto distinto, a somiglianza del priore vigente, che occupava una posizione privilegiata nelle pubbliche riunioni, perché aveva in suo potere più abbazie e monasteri. (...) fino al 1315, nel diploma di Giovanni, vescovo di Ravenna, dopo Ugellio, si cita Donato, priore dell’ordine di Vincareto, insieme con Andrea, del suddetto ordine». Degna di nota, nel diploma di Giovanni vescovo di Ravenna, è la citazione di Donato, priore dell'ordine di Vincareto, il medesimo protagonista del Privilegium cesenate del 1315. Il secondo riscontro riguarda la vicenda del monastero di San Paolo in Cesena, che ebbe inizio quando l'originalità di Vincareto esercitava ancora il suo fascino, a pochi anni da quel momento culminante del suo prestigio testimoniato dal Privilegio del 1315. Nel luglio 1340 infatti era avvenuta la fondazione del monastero di San Paolo per iniziativa di un ricco beccaio di nome Dardone, sulla sua proprietà posta nella contrada di Porta Ravegnana.
Dante visse a Ravenna, ospite di Guido Novello Da Polenta, dal 1318 al 1321 e morì a Ravenna la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, cioè due anni dopo quel 1319 che segnò l'inizio di una nuova stagione dei monaci di Vincareto a Cesena, sulla scia del Privilegium del 1315, e cioè l'attribuzione ad uno di loro (Padre Lucio Tiberti) del ruolo di "parroco".
Al di là delle considerazioni che vedrebbero Dante semplicemente a rimorchio di Polentani in un'eventuale attenzione rivolta al priorato di San Pietro a Cesena, esistono ragioni specifiche a sostegno di un interesse personale del poeta nei confronti dell'esperienza religiosa vincaretana?
Credo che siano almeno due le caratteristiche di quella congregazione monastica a cui Dante poteva essere e mostrarsi sensibile. La prima è proprio quella di essere una forma radicale di vita evangelica, tipica di ogni ordine o congregazione religiosa, ma in quel momento storico e per quella forma particolare data dall'origine e dalla regola adottata, accentuata da una volontà riformatrice, dal proposito di intensificare la scelta dell'austerità e della carità, coniugando inoltre la dimensione contemplativa con l'azione apostolica dell'evangelizzazione. Dante era molto attento a tutte le espressioni della vita consacrata, ma particolarmente a quelle recenti caratterizzate da una innegabile vivacità e da un'autentica spinta riformatrice.
Una seconda caratteristica è quella determinata dalla regola adottata e seguita dalla Congregazione di Santa Maria di Vincareto e da tutti i priorati dipendenti da essa. Fin dal 1225 Vincareto seguiva la regola dei Canonici regolari di S. Marco di Mantova, e nonostante i periodici ripensamenti determinati da un'attrattiva "camaldolese" avrebbe continuato a farlo fino agli inizi del XV secolo. Ma non va dimenticato né sottovalutato che la regola dei mantovani non era altro che quella dei canonici di Santa Maria in Porto di Ravenna, integrata con alcune varianti relative al vitto, al digiuno e al riposo.
Sarebbe fin troppo istintivo e sbrigativo, evocando il nome di Mantova, immaginare una ripercussione immediata nell'animo di Dante di tutto ciò che ne testimoniasse la provenienza o un legame significativo. Ma quell'esperienza religiosa mantovana avviata dal prete Alberto Spinola e riconosciuta dal suo vescovo fin dal 1197 e poi approvata da papa Innocenzo nel 1207, aveva caratteristiche davvero peculiari, tali da meritare un'attenzione in chiunque si interessasse di vicende ecclesiastiche e Dante era sicuramente tra questi. Inoltre non si trattò di un fuoco di paglia se, come attestano gli Annales Camaldulenses, fiorì per circa quattro secoli («Floruit haec congregatio per quattuor fere secula tum monasteriorum, tum virorum frequentia celebris»).

5. CONCLUSIONI

1. Nel giro di cinque anni, dal 1314 al 1319, nei Sobborghi di Cesena, la comunità monastica del Priorato di San Pietro in Strada, dell'Ordine di Vincareto, collegata con la Congregazione dei Canonici Regolari di San Marco di Mantova fu protagonista di eventi ecclesiastici di straordinaria portata.

2. La Congregazione di Vincareto era sorta nel territorio di Polenta alla fine del XII secolo e fin dalle origini era stata protetta dai Signori di Polenta. Da più di un secolo esistevano legami stretti tra Vincaretani e Polentani.

3. Dante visse a Ravenna, ospite di Guido Novello Da Polenta, dal 1318 al 1321. Nel contesto delle relazioni e dei rapporti tra i signori di Ravenna e le comunità vincaretane, si possono ben inserire e sostenere dei contatti con il priorato di San Pietro a Cesena che raggiunse nel 1319 l'apice della sua importanza e del suo prestigio.

4. A Dante non mancavano motivi di interesse personale nei confronti di un'esperienza di vita religiosa improntata alla radicalità evangelica e alla carità apostolica, come pure alla sua regola che faceva capo all'originale Congregazione di San Marco di Mantova, a sua volta derivata da quella dei Portuensi di Ravenna.

Prendendo atto dei quattro dati appena riassunti, posso tornare ad immaginare una rievocazione storica, drammaticamente congegnata, di un dialogo intrigante tra Dante Alighieri e un venerando priore di San Pietro, magari proprio tra le pareti medievali di quella cantina che rimane l'unico vestigio dell'antico monastero.


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ORARIO DELLE SANTE MESSE


Sabato: 17 - 18,30

Domenica: 8,30 - 11,30 - 18,30





INCONTRO CON COSTANZA MIRIANO
San Pietro - 7 febbraio 2020


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COSTANZA MIRIANO A SAN PIETRO

In preparazione alla Festa della Famiglia, la parrocchia di San Pietro ha incontrato Costanza Miriano sul tema "Essere cristiani oggi". Affrontato dal punto di vista della persona e della famiglia, a sua volta indicata come "soggetto" della vita ecclesiale e civile, la Miriano ha ribadito gli aspetti essenziali della vita cristiana propri di ogni generazione ma contestualizzati in un'epoca che non ha più i riferimenti cattolici del passato. Richiamandosi ai contenuti del suo libro "Si salvi chi vuole" ha poi offerto una "griglia di metodo" che partendo dall'ascolto della Parola di Dio, attraverso la preghiera, l'Eucaristia, la Confessione (e la guida spirituale) e il digiuno, indichi e ravvivi tutti i momenti che nutrono la fede e la carità rendendo così possibile una vita cristiana autentica in ogni attimo e in ogni àmbito, per una testimonianza sempre più limpida e convincente.



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San Pietro - Domenica 9 febbraio 2020 - Festa della Famiglia
Coppie che nel 2020 festeggiano anniversari di Matrimonio
Foto di gruppo al termine del S. Messa



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San Pietro - Festa della Famiglia 2020
Dante e Libera festeggiano le loro Nozze di Brillanti:
75 anni di matrimonio!



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29 SETTEMBRE 2019 - IL CARDINALE GIOVANNI ANGELO BECCIU A SAN PIETRO





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LA PARROCCHIA DI SAN PIETRO
COMPIE SETTECENTO ANNI

La chiesa di San Pietro venne eretta come parrocchia nel 1319
e il primo parroco fu padre Lucio Tiberti, priore calmaldolese

La "Chiesa di San Pietro in Strata" era stata donata il 19 maggio 1155 dal vescovo Oddone al Capitolo della cattedrale. Nel 1197 divenne monastero dei Camaldolesi denominati "Ordine di San Marco"; di essi si parla come "canonici di San Marco" nella bolla del papa Nicolò IV citata dal Sassi proprio in relazione alla loro presenza nella chiesa di San Pietro.

Dipendeva, come prioria camaldolese, dal priore di S. Maria di Vincareto nella diocesi di Bertinoro che faceva capo all'ordine camaldolese di S. Marco di Mantova. La chiesa di San Pietro, dichiarata esente dalla sua giurisdizione dal vescovo Giovanni l'8 aprile 1315, venne eretta come parrocchia nel 1319 e il primo parroco fu padre Lucio Tiberti, nobile cesenate, priore Camaldolese

Ci stiamo preparando a celebrare, in questo anno pastorale, i settecento anni di vita della nostra parrocchia, celebrazione che avrà il suo culmine in occasione della festa di San Pietro, sabato 29 giugno 2019.

Sarà l'occasione di fare luce, grazie alla ricerca di notizie approfondite, sui secoli precedenti, quando da monastero San Pietro si faceva carico dell'evangelizzazione di gran parte della pianura a nord est della città di Cesena, fino alla data certa del 1197 quando divenne monastero dei Camaldolesi e proprio in mano ai Camaldolesi assunse le funzioni di parrocchia nel 1319.

Ma sarà anche e soprattutto l'occasione per tutti noi di riscoprire la fisionomia e il ruolo della parrocchia come comunita cristiana, chiamata a vivere la comunione e la missione nella fedeltà al Vangelo e nella attenzione vigile e disponilbile ai segni del nostro tempo, con tutte le sue risorse e i suoi problemi spesso inediti.





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Sabato 7 ottobre 2017: inaugurazione della chiesa dopo i restauri
Foto di gruppo al termine del concerto



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Estate 2017: fervono i lavori
Ponteggi all'interno della chiesa di San Pietro



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Sabato 12 settembre 2015
Gita a Vicenza



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Presentazione del libro:
SILVIA, LA VITA NEGLI OCCHI

Cesena, chiesa di san Pietro,
domenica 26 ottobre 2014,
ore 17,30


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Sabato 6 settembre 2014
Gita a Pistoia


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"Tu es Petrus"

Domenica 8 dicembre in scena al Teatro Bonci la compagnia cesenate "Facce da Schiaffi"
con lo spettacolo originale scritto da Walter Amaducci



Scritto da monsignor Walter Amaducci, parroco di San Pietro e vicario episcopale per la pastorale della Diocesi di Cesena Sarsina, lo spettacolo racconta le ultime ore di San Pietro, prigioniero a Roma, alla vigilia del martirio e ripercorre la sua storia di discepolo in un susseguirsi di eventi ed emozioni.

L'allestimento del musical ha impegnato la compagnia per diciotto mesi ed è stato sostenuto da Banca di Cesena e SoloAffitti. Le musiche sono di Gianni della Vittoria e la regia di Claudio Sbrighi.

Il gruppo teatrale Facce da Schiaffi - "La parrocchia non può esimersi dal porgere proposte per il tempo libero ai giovani". Spronata da questa affermazione del parroco, nell'ottobre del 2002 l'Associazione Culturale "Pietre Vive" propone ai ragazzi la realizzazione del musical dialettale "La fola dla mi nona". I ragazzi si appassionano e si forma un gruppo straordinario, "Facce da schiaffi", formato da quindici giovani, che si ritrovano anche al di fuori del teatro. Il teatro diventa così un luogo di crescita in cui si sperimentano l'accoglienza e l'amicizia e un richiamo anche per le famiglie. Molti genitori iniziano a impegnarsi in lavori di sartoria o falegnameria, collaborando così all'allestimento dei numerosi spettacoli che si susseguono negli anni, attirando anche nuovi attori da tutta la città per un cast che supera i 50 elementi.

Nel 2003 la compagnia "Facce da Schiaffi" porta in scena il musical "Stasera ci proviamo noi", versione in lingua italiana del famosissimo "Jesus Christ Superstar", nel 2004 "Il Cerchio della Vita", nel 2006 "Uomo o scimmia?", questi ultimi tratti da cartoni animati di Walt Disney. Nel 2008 il gruppo traduce primo in Italia la sceneggiatura (disponibile solo in inglese) de "La Vera Storia della Strega dell'Ovest" tratto dal musical "Wicked", adattando i testi delle canzoni. Nel 2010 crea un musical originale: dopo 10 mesi di lavoro "Il pianeta delle dune", ispirato al famoso romanzo "Dune" di Frank Herbert, debutta con sceneggiatura, colonna sonora , testi musicali, scenografie e costumi ideati e creati da membri dell'Associazione. Ora la sfida di "Tu es Petrus", musical tutto cesenate dall'ideazione alla messa in scena.

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